
Tutto questo capitò alla Giudea vinta dal babilonese Nabucodonosor. La fede nel Signore e l'osservanza degli insegnamenti della Torah consentirono a Daniele ed al suo popolo di mantenere la propria identità nell'esilio e fino al ritorno alla loro terra. Nei primi sei capitoli si narrano le vicende di Daniele a Babilonia, da quando egli vi giunse e fu affidato ad Ashpenaz, capo degli eunuchi, affinché lo preparasse per essere ammesso al palazzo del re. Il capo degli eunuchi gli cambiò il nome da Daniele a Belsciatsar, che significa Bel protegge la tua vita, gli insegnò la lingua e gli usi dei Caldei e lo istruì per la vita a palazzo. Forse nella preparazione alla vita di palazzo era anche la sterilizzazione, come farebbe pensare la figura preposta del capo degli eunuchi e l'assenza nel libro di Daniele di rapporti con figure femminili, nonché la sua imperturbabilità, scevra da manifestazioni di umana passione.

In questi primi capitoli sono gli episodi della fornace ardente, lo scioglimento degli enigmi posti dai sogni del sovrano, la rapida ascesa nella gerarchia amministrativa del regno, il complotto dei cortigiani gelosi e la condanna inflitta alla fossa dei leoni. Ci sono tutte le possibili vicende della vita di un alto funzionario di Stato: la sua ascesa, il lievitare delle invidie, il complotto, l'ingiusta condanna, il rispetto ricevuto dalle belve e non dagli uomini, la riabilitazione. Sono vicende umane, senza tempo, sempre attuali, alle quali anche noi abbiamo assistito.I capitoli dal 7 al 12, scritti in epoca più tarda da altri autori (come il Deutero Isaia e il Terzo Isaia) sono invece caratterizzati da una serie di visioni, che assumono una crescente connotazione apocalittica, fino a raggiungere il culmine al capitolo 12, dove son trattati i temi della resurrezione e degli ultimi tempi. I contenuti profetici del libro sono stati e sono tuttora ampiamente discussi da biblisti di varie religioni, che hanno prodotto nel tempo interpretazioni e collocazioni temporali degli avvenimenti profetizzati. Il libro si presta alla molteplicità interpretativa, non solo per i suoi contenuti, laddove narra di avvenimenti futuri e conclusivi per l'umanità, ma anche per lo stile letterario con il quale l'autore insinua ambiguità e parametri numerici. Ricordiamoci che l'ambiente in cui Daniele vive è Babilonia, e ricordiamo anche che a corte era d'uso, come intrattenimento colto e sapiente, porre e sciogliere indovinelli e che quindi una prosa ermetica, che stimolasse la possibilità di varie interpretazioni, risultava particolarmente apprezzata. Non è mio desiderio cimentarmi in esercizi di decriptazione delle profezie per tentare di definirne la collocazione temporale e svelare la data della fine del mondo. Voglio invece trovare nelle profezie di questo capitolo conclusivo di Daniele un messaggio rivolto alla mia individualità, un messaggio dove io possa reperire l'indicazione della via da percorrere nel tramonto della vita e che lasci intravedere cosa è oltre. Come ho fatto in altre occasioni nel percorrere le pagine del Libro, apro il mio cuore e lascio che le parole entrino e comincino a pulsare, mi affido a loro e ascolto. I nodi, allora, si allentano e si sciolgono e comincio a sentire, comincio a capire il messaggio di amore che, dolcemente, come profumo di un fiore odoroso, progressivamente mi avvolge. E allora, quando l'Angelo dice a Daniele "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si desteranno ... " , io ascolto e sento che, quando la mia vita volgerà al tramonto e verso la conclusione, potrò destarmi, e veder la via segnata dal Signore e sarò parte dei molti, oppure potrò non destarmi ed essere parte degli altri. Potrò destarmi ed aver seguìto la via del Signore e sarò parte de "gli uni per la vita eterna" , potrò destarmi e non aver seguìto la via del Signore e sarò parte de "gli altri per l'obbrobrio, per un'eterna infamia". Non sono condanne queste, impartite da una Divinità onnipotente ad un uomo vittima inerme: costituiscono invece l'inevitabile punto di arrivo dei percorsi diversi, che l'uomo ha consapevolmente scelto di seguire. "E tu, o Daniele, tieni segrete queste parole e sigilla il libro fino al tempo della fine;": queste parole conserverò nel mio cuore, non le disperderò e le porterò con me fino al giorno della mia dipartita. "Molti andranno cercando attentamente e aumenterà la conoscenza", queste parole sono riferite all'umanità in generale e possono interpretarsi come espresso dal Rav Dario Disegni "allora molti lo studieranno e aumenterà la conoscenza, quando si constaterà che anche le persecuzioni finiscono col trionfo dei giusti e apparirà che tutto si risolve per mano della provvidenza." Mi piace però pensare che anche a questa frase, che riguarda l'umanità, possa applicarsi un'interpretazione simile a quella che io percepisco per me stesso: "Molti uomini cercheranno in sé stessi la verità ed arriveranno a percepire la consapevolezza della conoscenza". "Ma io, Daniele, guardavo ed ecco due altri uomini che stavano in piedi, uno sulla sponda di un fiume e l'altro sull'altra sponda. E disse uno di loro a quell'uomo vestito di lino, che stava al di sopra delle acque del fiume: - Quando sarà la fine di queste cose portentose?-" : al termine del mio cammino terreno giungerò alla sponda di un fiume, il trapasso avverrà durante il guado del fiume, al di là sarà l'altra sponda, limite del luogo ove risiederà la mia essenza. Il fiume è luogo riservato al Signore ed è presidiato dagli angeli perché in questo luogo avviene una modificazione divina: il Signore sottrae dal corpo mortale l'essenza spirituale, liberando il fanciullo lieto e leggero dal suo involucro pesante. Affinchè il fanciullo non vaghi e smarrisca, egli è condotto dal Signore nel guado purificatore e giunge all'altra sponda.

"Il Signore è il mio Pastore, nulla mi manca. Su verdi prati mi farà riposare, mi guiderà lungo acque tranquille. Egli ristorerà la mia anima, mi condurrà per retti sentieri, in grazia del Suo nome. Anche se dovessi andare nella valle dell'ombra della morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me; la Tua verga ed il Tuo bastone mi danno conforto. (Salmo 23, 1-4)" Seguono le enunciazioni dei parametri numerici che collocano la fine dei tempi. Queste enunciazioni ermetiche sono variamente interpretabili. Sono interpretazioni che, se compiute da falsi profeti o da ciarlatani, possono creare uno stato di tensione emotiva nei loro seguaci sul quale basare il carisma necessario a condizionarne i comportamenti. A mio parere non è questa la conclusione del libro di Daniele. Non è nei numeri che è definita la fine dei tempi, non è nei calcoli di una data impossibile da calcolare, semplicemente perchè non è una sola data, ma è un'infinità di date: una per ogni uomo, perché ogni uomo ha la sua fine dei tempi. Perciò il libro conclude con le ultime parole che il Signore rivolge a Daniele: "Ma tu va' e attendi la fine e riposa e ti leverai a ricevere la tua parte di eredità alla fine dei giorni". E' un messaggio rassicurante: "Non cercare di leggere il futuro ma sii fiducioso nel Signore e , nel rispetto dei Suoi precetti, serenamente aspetta il compimento della tua vita terrena. Così la tua essenza riceverà la mia eredità: consapevolezza di amore e giustizia".