(Es.18,1-20,26)
La notizia dei prodigi operati dal Signore per liberare il popolo di Israele dalla schiavitù e farlo uscire dall'Egitto giunse a Ytrò, suocero di Mosè. Ytrò si diresse allora nel deserto dove Mosè era accampato recando con sé la moglie di lui Zipporà ed i suoi figli Ghershom e Eliezer.
Mosè andò incontro al suocero, si prostrò a lui, lo baciò e lo salutò calorosamente. Poi lo condusse nella sua tenda e gli raccontò tutte le peripezie vissute con il suo popolo dalla fuga dall'Egitto fino alla marcia nel deserto e con quali prodigi il Signore li avesse salvati.
Ascoltato il racconto di Mosè, Ytrò disse:
"Benedetto sia il Signore che vi ha salvato dalle mani degli Egiziani e del Faraone e che ha sottratto questo popolo dal dominio dell'Egitto. Ora io riconosco che il Signore è il più grande di qualsiasi divinità, poiché nella maniera nella quale gli Egiziani insolentirono contro di essi furono puniti."
E Ytrò offrì sacrifici ed olocausti al Signore. Il giorno dopo Ytrò assistette ad una udienza che Mosè dava al popolo per amministrare la giustizia e vide che il genero conduceva l'udienza per l'intera giornata e che dirimeva e giudicava questioni di ogni genere, dalle più banali alle più complesse. Suggerì Ytrò a Mosè di nominare dei magistrati per la trattazione di tutte le questioni ordinarie, mentre sarebbero rimasti sottoposti al suo giudizio gli argomenti di maggiore importanza. Mosè mise in atto quanto il suocero gli aveva suggerito e quindi si congedò da lui che tornava al suo paese in terra di Midian.
Molti si sono posti la domanda se Ytrò possa considerarsi il primo proselita dell'ebraismo e le risposte schivano l'essenza della domanda rispondendo che egli è certamente da ritenere un saggio, che però la sua posizione si delinea prima dell'assegnazione della legge da parte del Signore. E' un argomento delicato perché se è pur vero che Ytrò si è dichiarato convinto che il Signore d'Israele sia l'unico autentico Dio e se è parimenti vero che al Signore d'Israele egli ha offerto sacrifici, è anche vero che egli non solo non compirà il viaggio di quarant'anni nel deserto, ma effettivamente non avrà modo di conoscere la legge del Signore, per una smagliatura temporale, per essersi recato da Mosè poco prima e non poco dopo che questi ricevesse la legge.
I figli d'Israele ripresero la marcia e si addentrarono nel deserto di Sinài. Si arrestarono davanti al monte e qui Mosè salì incontro al Signore e Questi lo chiamò dall'alto e gli disse di riportare questo messaggio ai figli d'Israele:
"Voi avete visto con i vostri occhi ciò che Io feci agli Egiziani, vi portai come su ali di aquila e vi feci giungere presso di Me. Ordunque se voi ubbidirete alla Mia voce e manterrete il Mio patto, sarete per Me quale tesoro fra tutti i popoli, poiché a Me appartiene tutta la terra. E voi sarete per Me un reame di sacerdoti, una nazione consacrata."
Il popolo unanimemente rispose:
"Tutto ciò che ha detto il Signore noi lo eseguiremo."
Mosè riferì la risposta che i figli d'Israele avevano dato ed il Signore gli disse di far purificare il popolo e che lavassero i loro indumenti e si astenessero da rapporti sessuali, giacché al terzo giorno Egli, il Signore, sarebbe sceso sul monte Sinài alla presenza del popolo. Mosè avrebbe messo un segnale di confine attorno al monte affinchè il popolo non lo oltrepassasse, ché altrimenti avrebbero trovato la morte. Quando si sarebbe udito lo shofar suonare a lungo, allora anche Aron, i suoi figli ed i settanta anziani avrebbero potuto salire sul monte.
Al terzo giorno ci furono tuoni lampi ed una fitta nebbia avvolgeva il monte e si udì forte il suono dello shofar. Mosè fece uscire dall'accampamento il popolo, che si fermò ai piedi del monte.
Il Signore era sceso sul monte ed il monte era tutto fumante come una fornace e si scuoteva violentemente, e lo strepito dello shofar andava sempre più rafforzandosi. Il Signore chiamò Mosè e questi salì in cima e qui il Signore gli disse di porre il confine alla base del monte e di dichiararlo sacro e che nessuno si avvicinasse, nemmeno i sacerdoti. Infine disse il Signore a Mosè:
"Va' e discendi e poi risalirai accompagnato da Aron, ma i sacerdoti e il popolo non tentino di salire verso il Signore, perché potrebbero essere colpiti."
Mosè ridiscese e riferì ciò che gli era stato comandato.
Si udì quindi la voce del Signore pronunciare le dieci parole, i dieci comandamenti, la legge che Egli in quel momento dava ai figli d'Israele:
1) Io sono il Signore Dio tuo.
2) Non avrai altri dèi al Mio cospetto.
3) Non pronunziare il nome del Signore Dio tuo invano.
4) Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo.
5) Onora tuo padre e tua madre.
6) Non uccidere.
7) Non commettere adulterio.
8) Non rubare.
9) Non fare falsa testimonianza.
10) Non desiderare ciò che appartiene ad altri.
Sono quattro comandamenti religiosi e sei etici, i quali ultimi regolano la convivenza sociale. Il decimo comandamento è forse il più severo tra i comandamenti negativi perchè vieta non un'azione concreta ma un pensiero. Non sono elencati in ordine di importanza, ma forse si tratta di una sequenza logica nel senso che il mancato rispetto del precedente incentiva la trasgressione del successivo.
Il popolo, che era stato testimone di tutti quei lampi, tuoni e fragori era timoroso e disse a Mosè:
"Sii tu a parlarci e noi potremo ascoltare, ma che il Signore non ci parli, ché potremmo morire."
E Mosè rispose:
"Non temete affatto; è soltanto per mettervi alla prova che il Signore è venuto a voi affinché il timore di Lui vi sia sempre presente in modo che non abbiate a peccare."
Il popolo rimase lontano dal monte mentre Mosè si addentrò nella nube dove era il Signore. E il Signore disse a Mosè di riferire al popolo queste parole:
"Voi foste testimoni che dall'alto del cielo Io vi ho parlato. Non associate a me nessuna divinità né d'argento, né d'oro, nessuna ne farete per vostro uso."
E proprio queste saranno le parole alle quali il popolo a breve contravverrà quando adorerà come proprio idolo il vitello d'oro. Queste però sono osservazioni con il senno di poi, che non tengono conto di due fatti attenuanti per i comportamenti umani e cioè le circostanze e il tempo. Nel confronto con il Signore l'uomo è chiaramente un essere debolissimo perchè spesso incostante ed iunfluenzabile e più ancora, anche se lui è restio a confessarlo, perchè lui, l'uomo, è mortale, lui vive nel tempo e nel tempo si consuma e per lui è molto importante quando una cosa si compie e non solo se si compie e spesso l'impazienza, l'angoscia del tempo fa sì che egli non sappia aspettare.
Impartisce infine il Signore a Mosè istruzioni per l'erzione dell'altare in terra o in pietra non scalpellata e per l'accesso senza scalini.
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