martedì 22 novembre 2011

Toledot

(Gen.25,19-28,9)

Isacco aveva quarant'anni quando sposò Rebecca. Con il passare del tempo divenne evidente che Rebecca era sterile ed allora Isacco pregò a lungo il Signore affinché concedesse loro un figlio. Il Signore infine l'ascoltò e Rebecca rimase incinta. La gravidanza si rivelò travagliata e Rebecca era preoccupata per i forti urti che avvertiva tra i due feti che erano nel suo ventre. Ella andò a consultare il Signore, che le disse:

Nel tuo ventre ci sono due nazioni, due popoli si dirameranno dalle tue viscere, una nazione sarà più forte dell’altra, ma il più grande servirà il più piccolo.

Nacquero infine due gemelli. Il primo era tutto rosso e peloso e lo chiamarono Esaù, che vuol dire appunto “peloso”. Uscì quindi il secondo, che con la mano teneva il calcagno del fratello ed a lui fu messo il nome di Giacobbe, che dalla radice ‘akev significa calcagno. Quando nacquero Isacco aveva sessant’anni.

I ragazzi crebbero ed Esaù, di carattere più sanguigno e di fisico più forte, divenne un esperto cacciatore, mentre Giacobbe, che aveva un temperamento più tranquillo, si dedicava ad occupazioni sedentarie.
Esaù era il preferito di suo padre Isacco, Rebecca invece prediligeva Giacobbe.

Ma Giacobbe, in confronto al fratello, era sì di corporatura gracile e di carattere mite, ma possedeva però un requisito che sarebbe risultato decisivo per il loro futuro: Giacobbe aveva l’astuzia per fronteggiare l’irruenza del fratello e con l’astuzia egli avrebbe prevalso.

Infatti un giorno che Giacobbe si era preparato una minestra di lenticchie, Esaù tornò stanco dalla campagna e disse al fratello:

Fammi trangugiare un po’ di quella roba rossa, ché sono stanco.

E fu allora che Giacobbe prontamente rispose:

Vendimi la tua primogenitura.

Esaù acconsentì e giurò, in cambio di un piatto di lenticchie, di aver ceduto la primogenitura a Giacobbe.

Si verificò poi nel paese una grave carestia ed il Signore disse ad Isacco di non recarsi in terra d’Egitto ma di fermarsi in Gherar dove era re Avimèlech, giacché a lui ed alla sua discendenza Egli avrebbe dato quella terra:

… Farò numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo, darò alla tua stirpe tutte queste terre, e nella tua stirpe si benediranno tutte le nazioni della terra, come premio che Abramo mi obbedì, osservò i miei ordini, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi.

Isacco dunque rimase a Gherar ed anche lui, come aveva fatto suo padre Abramo in precedenza, fece passare la moglie Rebecca per sua sorella, perché aveva paura che altrimenti gli abitanti del posto potessero ucciderlo per impossessarsi di Rebecca, la quale, nonostante l’età matura era ancora una bella donna.

La cosa venne però scoperta perché la coppia fu vista in atteggiamento di intima confidenza ed Avimèlech allora espresse ad Isacco le sue lagnanze per questo inganno, che fortunatamente non aveva avuto conseguenze in quanto nessuno fino ad allora aveva giaciuto con Rebecca. Proclamò peraltro Avimèlech che chiunque avesse toccato Isacco o sua moglie Rebecca sarebbe stato messo a morte.

In quella terra Isacco seminò e raccolse in abbondanza e divenne sempre più ricco e possedeva bestiame minuto e grosso ed aveva molta servitù. Di questa sua ricchezza i Filistei ingelosirono e gli chiusero i pozzi d’acqua già scavati al tempo di Abramo. Infine Avimèlech disse ad Isacco di andar via dalla città:

Va’ via da noi, poiché sei diventato molto più potente di noi.

Isacco e la sua gente andarono via e si stabilirono nella pianura di Gherar, dove scavarono nuovi pozzi e trovarono l’acqua. Avvennero però contestazioni tra i pastori di Isacco e quelli di Gherar, che sostenevano che l’acqua fosse loro. Scavarono i servi d’Isacco un altro pozzo ed anche per questo vi fu contestazione. Scavarono un terzo pozzo per il quale non vi furono contestazioni ed Isacco lo chiamò Rechovoth poiché disse:

Ora il Signore ci ha fatto largo e potremo prosperare nel paese.

Di là andarono a Beer-Shèvah, dove il Signore apparve in sogno ad Isacco e gli disse:

Io sono il Dio di tuo padre Abramo; non temere Io sono con te, ti benedirò e farò numerosa la tua discendenza in grazia di Abramo Mio servo.

Qui, dopo che Isacco ebbe eretto un altare ed invocato il Signore, si fermarono e scavarono un altro pozzo.
Mentre erano accampati arrivò da Gherar il re Avimèlech, accompagnato da due dignitari, con l’intendimento di stabilire un patto di pace. Isacco li accolse, offrì loro il pranzo e li ospitò per la notte. Il giorno dopo, di buon mattino, avvenne il giuramento e poi si accomiatarono.

Esaù a quarant’anni prese per moglie una donna ittita, arrecando così amarezza ad Isacco ed a Rebecca.

Quando Isacco fu vecchio la vista gli si indebolì al punto di non vedere più. Chiamò il figlio prediletto Esaù e gli chiese di andare a caccia con l’arco e di preparare poi per lui una vivanda gustosa, sicché egli potesse benedirlo prima di morire.

Rebecca, che aveva sentito tutte queste parole, chiamò Giacobbe ed insieme ordirono un inganno per far sì che il vecchio Isacco benedicesse, senza accorgersene, non Esaù ma Giacobbe.

Giacobbe preparò una pietanza con due capretti del gregge, indossò le vesti del fratello Esaù per averne il medesimo odore e si ricoprì le braccia ed il collo con le pelli dei capretti, affinchè il loro vello simulasse al tatto la pelle del fratello. Quindi si presentò al padre dicendo:

Sono Esaù tuo primogenito, ho fatto come mi hai detto; su, siediti deh! E mangia della mia caccia per darmi poi la benedizione.

Isacco si mostrò dubbioso che quello fosse veramente suo figlio Esaù, e ciò perché era tornato troppo presto dalla caccia e perché la voce non sembrava la sua, ma infine, sentendone l’odore e toccandolo si convinse. Mangiò Isacco e benedisse suo figlio come primogenito.

Quando Esaù tornò dalla caccia e venne a sapere dell’inganno attuato da Giacobbe e che la benedizione data da Isacco non poteva essere più ritirata e che ora Giacobbe era signore su di lui e padrone di tutti i beni, allora egli espresse il suo pensiero:

Sono vicini i giorni del lutto di mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe.

Rebecca, venuta a conoscenza delle intenzioni di Esaù disse a Giacobbe di fuggire via e rifugiarsi da suo fratello Labano a Charan e di restarvi finchè l’ira di Esaù non si fosse calmata. Ad Isacco Rebecca disse che occorreva evitare che Giacobbe prendesse in moglie un’ittita e fu così che Isacco stesso chiamò Giacobbe e gli disse di andare in Paddam-Aram, e di prendere là una moglie tra le figlie di Labano.

Esaù venne a sapere tutte queste cose e si accorse che le donne cananee non piacevano a suo padre. Si recò allora presso Ismaele e ne prese in moglie, oltre quelle che già aveva, una delle figlie.

La parashà copre un arco temporale di circa quarant’anni e ci fa’ assistere al declino fisico di Isacco che arriva a Gherar presumibilmente all’età di circa ottant’anni, considerato che ne aveva sessanta quando nacquero i suoi due figli e che essi sono adesso adulti, “maggiorenni” diremmo noi oggi. Rebecca a Gherar doveva avere circa cinquantacinque anni, evidentemente ben portati considerando i timori di Isacco sul fatto che qualcuno desiderasse portargliela via.

E’ una parashà in cui c’è un protagonista meno visibile, ma presente per ben tre volte: l’inganno.

Il primo inganno è quello ordito da Isacco ai danni di Avimèlech e degli abitanti di Gherar.
Isacco presenta sua moglie dicendo che è sua sorella. E’ lo stesso inganno attuato da Abramo ai danni del Faraone quando disse che Sara era sua sorella e però in quel caso c’era una parvenza di verità perché Sara effettivamente, oltre che moglie, era anche sorella di Abramo.
Nel caso di Isacco non ci sono scusanti, si tratta di un inganno a tutto campo.

Il secondo inganno è quello di Giacobbe nei confronti del padre Isacco, al quale viene carpita la benedizione di primogenitura. Anche questo è un inganno senza scusanti, il danneggiato è il primogenito Esaù, al quale può imputarsi solamente la grande leggerezza con cui si è disfatto del diritto di primogenitura.

Il terzo inganno è quello di Rebecca ai danni di Isacco e di Esaù, sia nella fase in cui ella istruisce Giacobbe sul come presentarsi al padre facendogli credere di essere suo fratello, sia ancora più avanti quando dirà ad Isacco dell’opportunità che Giacobbe vada da Labano, non già per sottrarsi all’ira del fratello Esaù, ma per trovare moglie.

E’ da notare che questi inganni sono presentati nella parashà non come attuazione di istruzioni date dal Signore, ma come iniziative umane, il primo per iniziativa di Isacco, gli altri per iniziativa di Giacobbe e Rebecca.
Il Signore infatti non esercita l’inganno, ma ne prevede l’esistenza sicché l’essere umano, nel suo agire, possa esercitare la sua facoltà di libero arbitrio, scegliendo ed assumendosi la responsabilità e le conseguenze di un’azione condotta con inganno rispetto ad una condotta in modo palese.

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