Secondo un detto latino “nomen omen”, il nome è un presagio, ed i nomi nella meghillat di Ruth da soli ne anticipano la storia.
La Meghillat inizia narrando che al tempo dei Giudici ci fu una carestia nel paese ed un uomo di Beth-Lèchem di Giuda, andò ad abitare nelle campagne di Moab con la sua famiglia. L’uomo si chiamava Elimèlech, sua moglie Noemi ed i suoi due figli Machlon e Kilion.
Abbiamo detto che il nome è il presagio, ed i nomi di questa famiglia sono effettivamente un presagio che, particolarmente per i due figli, assume un connotato di tragicità.
Così Elimèlech significa “il mio Signore è Re” e ciò sarà per lui se riuscirà a mantenere la fiducia nel Signore, mentre se questa fiducia dovesse venir meno il significato rischierebbe di ribaltarsi e divenire “il Re è il mio Signore” e quindi la mia fiducia è nelle cose terrene.
Noemi è “colei che da piacere intorno a sé”, o più semplicemente “dolce” ed il suo nome non pone particolari problemi.
I due figli hanno invece nomi preoccupanti, giacché Machlon ha la stessa radice di “machalah” che significa “malattia”, mentre Kilion ha in sé la radice di “chilaion” cioè di “distruzione”.
I due figli sposano due donne moabite di nome Orpà e Ruth.
Orpà contiene “oref” che è la “nuca” e quindi è “colei che gira la nuca” ed infatti sarà quella che se ne andrà.
Ruth ha invece nel nome le lettere di “tor”, la “tortora”, il volatile da sacrificio. Il valore numerico delle lettere di “tor” sommato da 606, che aggiunto a 7 che sono le leggi noachidi alle quali Ruth sottostà in quanto non ebrea, fornisce il numero 613, che sono invece il totale delle “mitzvot” cui ella dovrà uniformarsi divenendo ebrea.
La meghillat ci dice che Elimèlech ed i due figli Machlon e Kilion muoiono lasciando sole Noemi e le due nuore Orpà e Ruth. Tutto questo in due mezze righe, senza commento, senza dolore, senza rimpianto, quasi fosse una liberazione da uno stato di costrizione. Si potrebbe essere indotti a chiedersi se la morte del padre e dei due figli, così improvvisamente spariti, sia stata una morte fisica reale, ovvero una morte spirituale e quindi in realtà un abbandono dell’anima ebraica oltre che delle tre donne. E’ un’ipotesi sostenuta, per i due figli proprio dal significato dei loro nomi, e per il padre dal fatto che egli lasciò la sua terra per stabilirsi definitivamente in terra straniera perché nella sua terra e nel Signore aveva perso la fiducia. Non andò a cercare provviste, come i fratelli di Giuseppe, ma scelse di andar via definitivamente dalla terra che il Signore aveva dato al suo popolo.
Noemi decide invece di tornare nella sua terra. Solo Ruth verrà con lei esprimendole il suo atto d’amore: “ovunque andrai tu, andrò anch’io, dormirò dove dormirai, il tuo popolo è il mio, il tuo Dio è il mio”.
Tornate a casa incontreranno Boaz, un parente ricco ed importante di Noemi, che sarà il loro “goel”, il riscattatore delle proprietà, che erano state vendute tanti anni prima da Elimèlech prima della partenza per la terra di Moab.
Boaz prende in moglie Ruth ed il loro figlio sarà capostipite della discendenza di Davide.
Boaz è anche il nome della colonna posta sulla sinistra davanti al Tempio di Salomone (1Re, 7, 21 e 2Cr, 3,17), al quale, in questo caso, viene dato il significato di “stabilità” per il tempio stesso, così come del resto nella meghillat il personaggio Boaz ha impersonato la stabilità per Noemi e Ruth.
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