giovedì 24 maggio 2012

Shavuot

Shavuot: settimane. Si festeggia dopo sette settimane dall’inizio di Pesach. Sette settimane di sette giorni. Sette come i sette giorni della creazione. Sette come il ciclo dell’anno sabatico, l’anno in cui la terra cessa di essere coltivata e torna al Signore. Sette volte sette come il ciclo dell’anno giubilare. Sette è espresso dalla lettera zàin dell’alfabeto ebraico, una lettera alla quale è tradizionalmente legato il concetto di spirito, sostentamento, lotta.

Dovrai contarti sette settimane; comincerai il computo delle sette settimane da quando si comincia a mettere la falce nelle messi, quindi farai la festa delle settimane in onore del Signore tuo D-o recando l’offerta che dovrai donare secondo il benessere col quale il Signore tuo ti avrà benedetto. Ti rallegrerai davanti al Signore tuo D-o, tu e tuo figlio, la tua figliola, il tuo schiavo e la tua schiava, il Levita che è nella tua città e il forestiero, l’orfano e la vedova che saranno in mezzo a te, nel luogo, che sceglierà il Signore tuo D-o come residenza del Suo Santuario. Ricorderai che fosti schiavo in Egitto e osserverai e attuerai questi statuti."
(De.16,9-16,12)

E’ dunque una festa descritta come una festa agricola, nella quale si celebra la maturazione dei raccolti e durante la quale le primizie vengono portate in offerta al Tempio.

Successivamente però, in epoca post-biblica, l’ebraismo rabbinico dette a questa festa il significato di festeggiamento del giorno in cui il Signore donò la Torà al popolo ebraico e quindi si usa adornare le Sinagoghe con foglie verdi, non tanto per richiamare l’antico significato agricolo della festa, quanto per rappresentare l’aspetto della vegetazione delle pendici del monte Sinài.

Si trascorrerà la notte della vigilia rimanendo svegli e studiando in preparazione del dono della Torà, che tradizionalmente avverrà all’alba. Si darà lettura allora dei capitoli 19 e 20 di Esodo e conclusivamente dei comandamenti, le dieci parole:

1) Io sono il Signore Dio tuo.
2) Non avrai altri dèi al Mio cospetto.
3) Non pronunziare il nome del Signore Dio tuo invano.
4) Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo.
5) Onora tuo padre e tua madre.
6) Non uccidere.
7) Non commettere adulterio.
8) Non rubare.
9) Non fare falsa testimonianza.
10) Non desiderare ciò che appartiene ad altri.


I primi quattro hanno contenuto religioso e si riferiscono strettamente al rapporto tra l’essere umano e il Signore, mentre gli altri sei hanno attinenza sociale e quindi riguardano i rapporti con gli altri esseri umani. Direi che se i primi quattro hanno contenuto religioso, gli altri sei hanno contenuto etico-sociale. Tre sono positivi in quanto prescrivono cosa fare, sette sono negativi perché indicano le cose da non fare.

Contravvenire a questi comandamenti significa non seguire la parola del Signore, sostituire al Signore qualche altra cosa e quindi, in definitiva, scivolare ancora una volta verso l’idolatria. L’idolatria è in sostanza la matrice alla quale possono ricondursi tutte le azioni umane che non sono ossequienti verso la parola del Signore.

Si dà lettura quindi della visione del carro divino, tratta dal primo capitolo di Ezechiele (Ez.1,1-28), che per il profeta costituì un’esperienza simile a quella vissuta da Mosè sul monte Sinài.

Osservai: ed ecco un vento procelloso sopraggiungere da settentrione; una grande nube con lingue di fuoco che si avviluppavano e che irradiavano all’intorno mirabile splendore; nel centro, in mezzo al fuoco, sfavillava un bagliore come di chashmal.
……
L’aspetto delle loro facce era così: avevano una faccia d’uomo; tutte e quattro, poi, avevano una faccia di leone a destra, una faccia di toro a sinistra, e una faccia d’aquila.
……
Quando le chajjot procedevano, anche le ruote procedevano con loro, e quando le chajjot si levavano da terra, anche le ruote si alzavano.
……
Come l’aspetto dell’arcobaleno che è nella nube in giorno di pioggia tale era l’aspetto della luminosità tutt’intorno: esso era l’aspetto dell’immagine della gloria del Signore!

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