domenica 10 febbraio 2013

Terumà

(Es.25,1-27,19)

Il Signore dice a Mosè di chiedere ai figli d'Israele che ognuno faccia un'offerta per la costruzione del Santuario, che sarà la Sua residenza in mezzo a loro. Le offerte saranno di oro, argento, rame, lana azzurra, porpora e scarlatto, lino e pelo di capra, pelli di montone tinte di rosso, pelli di delfino e legno di acacia. Saranno offerti inoltre olio per l'illuminazione, aromi per l'olio di unzione e incenso e poi ancora onice e pietre dure da incastonare nel dorsale e nel pettorale dei paramenti sacerdotali.

Dunque il Signore intende risiedere in mezzo al Suo popolo. Egli non dice che risiederà su una montagna come il monte Olimpo dei Greci, né risiederà nel cielo da dove scaglierà le sue saette, non risiederà genericamente in ogni luogo per giungere a chiamata dal Suo popolo. Egli sarà con il Suo popolo sempre ed in mezzo ad esso, perché Egli ha prescelto il Suo popolo tra tutti i popoli della terra. E’ evidente qui la concezione di un Dio che non è terzo che non è padrone perché lontano e minaccioso, è un Dio che è tra noi e con noi. E’ il desiderio dell’uomo di accedere, di comprendere la divinità, di sentirla compagna che guida e protegge, che punisce, certo, ma non che minaccia e incombe, che non è nemica, che vuole essere con noi e che a noi chiede di essere con lei. Ogni ebreo contribuirà ad erigere il Santuario, affinché la Divinità vi possa risiedere vicina e, quando un giorno il Santuario non sarà più, l’ebreo ospiterà il Signore dentro di sé e farà di sé stesso il Santuario del Signore.

Su questa affermata presenza del Signore si innesta il dramma delle sciagure che si abbatteranno sul popolo ebraico, delle persecuzioni, delle stragi. Quante stragi, immani, incalcolabili, incomprensibili. Questo popolo è stato un capro espiatorio dell’umanità. Nella diaspora si verificarono, già in epoca medievale, scoppi di violenza un po’ in tutta Europa sulla spinta dell’intolleranza religiosa, alimentata dalla povertà e dalle malattie. Ci furono crociate che, partite via terra con destinazione la Terra Santa, si esaurirono compiendo per mezza Europa massacri delle comunità ebraiche. E poi ancora l’immane catastrofe dell’espulsione dalla Spagna disposta dai re cattolici Ferdinando e Isabella nell’anno 1492. Questa espulsione cambiò radicalmente la geografia umana delle comunità ebraiche nel mondo. Le comunità sefardite migrarono dalla Spagna verso i pochi paesi dell’Europa occidentale disposti ad accoglierli. Mi viene in mente al proposito il filosofo Baruch Spinoza che visse in Olanda dopo che la sua famiglia fu espulsa dal Portogallo. Ma una fortissima corrente si diresse verso l’impero ottomano, che dimostrava di accogliere e tollerare gli ebrei dietro pagamento di una tassa, la “ghezia”. Migrare verso l’impero ottomano, vista la sua estensione, che andava dal “magreb” africano, fino all’Europa balcanica, significava andare in Egitto, o in Eretz, o in Turchia, oppure a Salonicco, oppure ancora risalire i Balcani e stabilirsi in Europa orientale. E poi la Shoah, la catastrofe immane, folle, criminale, la strage, la distruzione quasi totale delle comunità askenazite. Ecco la domanda che l’ebreo si è posto è: dov’era Dio? Il Signore che ha prescelto questo popolo ha consentito che tutto questo avvenisse: dov’è la giustizia? Si cerca così di intentare un processo a Dio attribuendo a Lui la colpa del male. Ma la colpa non è di Dio, la colpa è dell’uomo. Il Signore si dice che sia il Dio del bene e del male, perché se Egli non avesse consentita la concezione del male, allora il male non avrebbe potuto esistere. Ma l’attuazione del male è prerogativa dell’essere umano, che con la cacciata dal giardino dell’Eden ha acquisito due cose: la conoscenza del bene e del male ed il libero arbitrio, la facoltà di scegliere cosa fare assumendosi la responsabilità delle proprie azioni.

Tornando alla narrazione della parashà, vengono per prime date le istruzioni per la costruzione dell’Arca: sarà realizzata in legno di acacia e avrà una lunghezza di un metro e venticinque centimetri, la larghezza di settantacinque centimetri ed un’altezza ugualmente di settantacinque centimetri. L’Arca sarà rivestita internamente ed esternamente con una lamina d’oro ed alle estremità dei due lati più lunghi si fisseranno quattro anelli d’oro, due per lato, dove verranno infilate le stanghe, una per lato, anch’esse di legno di acacia ed anch’esse rivestite d’oro. Le stanghe serviranno per il trasporto dell’Arca e non dovranno mai essere sfilate dagli anelli. Nell’Arca verranno poste le tavole della testimonianza, che il Signore consegnerà al popolo d’Israele.

L’Arca sarà chiusa con un coperchio d’oro, sul quale, alle due estremità, saranno collocati due cherubini, anch’essi in oro, uno di fronte all’altro e con le ali dispiegate verso l’alto e il volto orientato verso il coperchio. Al di sopra del coperchio, tra i due cherubini il Signore si manifesterà a Mosè e proseguirà a manifestarsi poi al Gran sacerdote nel giorno del Kippur.

Sarà realizzata inoltre una tavola in legno di acacia, ricoperta d’oro per i pani di presentazione ed un candelabro in un solo pezzo realizzato anch’esso in oro puro. Il candelabro avrà tre rami per parte che fiancheggeranno il fusto centrale, avrà quindi complessivamente sette braccia e peserà un “kiccar”, pari a tremila sicli e quindi ad oltre trentatré chilogrammi.

Si passa quindi alle istruzioni per la costruzione del Tabernacolo e qui c’è da tener presente che le strutture dovevano essere facilmente smontabili e rimontabili per seguire tutti gli spostamenti che il popolo avrebbe effettuato nell’arco dei quarant’anni di peregrinazione nel deserto. Il Tabernacolo avrebbe avuto forma rettangolare con il lato maggiore della lunghezza di trenta cubiti, pari a circa diciotto metri, ed il lato minore di fondo con una larghezza di dodici cubiti, pari a circa sette metri. L’altezza del Tabernacolo sarebbe stata di dieci cubiti, pari a circa sei metri. La struttura perimetrale sarebbe stata realizzata con tavole di legno di acacia, ricoperte d’oro, accostate e fissate a dei basamenti d’argento. Lungo il perimetro e sulla copertura del Tabernacolo sarebbe stato posto un tendaggio sul quale sarebbero state poi disposte pelli di capra, di montone e di una specie di delfino per protezione dal sole e dalla pioggia.

La parte di fondo del Tabernacolo, di dimensioni minori, costituiva il Santo dei Santi, luogo ove sarebbe stata collocata l’Arca e che sarebbe stato separato dalla parte restante del Tabernacolo mediante una tenda di lino di colore azzurro, di porpora e di scarlatto. Anche all’ingresso del Tabernacolo sarebbe stata collocata una tenda di stoffa azzurra, di porpora e di scarlatto.

Vengono date quindi le istruzioni per la realizzazione dell’altare, collocato all’esterno del Tabernacolo davanti al suo ingresso. Si tratta di un altare quadrato di circa tre metri di lato e dell’altezza di circa un metro e mezzo rivestito di rame. Con l’altare verranno realizzati in rame tutti gli accessori necessari per i sacrifici e verranno realizzate anche due stanghe in legno di acacia per il trasporto dell’altare e anch’esse rivestite di rame.

Il Signore dà infine le istruzioni necessarie per la realizzazione del cortile che circonderà il Santuario. La lunghezza del cortile sarà di cento braccia e quindi di circa sessanta metri, mentre la sua larghezza sarà di cinquanta braccia, cioè circa trenta metri. La struttura perimetrale del cortile sarà realizzata con cortine di tessuto di lino dell’altezza di cinque braccia, circa tre metri, fissate a delle colonne, munite di fregi e uncini d’argento e di basamenti di rame, posizionate alla distanza di tre metri l’una dall’altra.



Haftarà di Terumà
(estratto da 1Re.5,26-6,13)

“Nell’anno quattrocentottanta dall’uscita dall’Egitto, nel quarto anno del regno di Salomone, nel mese di Ziv (antico nome del mese di Iyar) che è il secondo mese, costruì la casa consacrata al Signore.”

“La costruzione della casa venne eseguita con pietre intere trasportate dalla cava, e durante tutto il tempo della costruzione non si sentì nella casa il rumore dei martelli, delle scuri e di qualsiasi arnese di ferro.”

“Terminata la costruzione dei muri della casa, ne venne costruito il soffitto con tegole e file di legno di cedro.”

“La parola del Signore si rivolse allora a Salomone per dire: - Quanto a questa casa che tu costruisci, se eseguirai i miei statuti, metterai in esecuzione le Mie leggi e starai attento di comportarti secondo tutti i Miei comandi, Io, mantenendo con te la Mia parola che ho data a David, tuo padre, risiederò in mezzo ai figli d’Israele e non abbandonerò il Mio popolo Israele.”

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