lunedì 12 marzo 2012

Pekudè

(Es.38,21-40,38)

Questa parashà inizia con il resoconto delle quantità di oro, argento e rame impiegate nella realizzazione delle opere per il Santuario e prosegue poi con l’elencazione del vestiario sacerdotale confezionato ivi compreso il dorsale ed il pettorale con i loro castoni di pietre dure e preziose.

Erano stati impiegati in tutto ventinove kiccar e settecento trenta sicli, calcolati secondo il siclo del Santuario, per le opere in oro, vale a dire, poiché un kiccar corrispondeva a tremila sicli e il siclo del Santuario pesava circa dieci grammi, che l’oro impiegato era in totale pari a oltre ottocentosettantasette chilogrammi.

Il peso dell’argento utilizzato ammontava a complessivi cento kiccar e millesettecentosettantacinque sicli, vale a dire oltre tremila chilogrammi e per questo quantitativo venne impiegato la disponibilità proveniente dal riscatto dei primogeniti. Il peso del rame fu di settanta kiccar e duemilaquattrocento sicli, pari a oltre duemiacento chilogrammi.

I figli d’Israele presentarono a Mosè le opere realizzate ed egli constatò che queste erano state realizzate così come erano state ordinate:

Esattamente come il Signore aveva comandato a Mosè, così i figli d’Israele eseguirono tutto il lavoro. Mosè esaminò tutto il lavoro e constatò che essi l’avevano eseguito precisamente secondo quanto il Signore aveva ordinato; quindi Mosè li benedisse.

Il Signore disse a Mosè che l’erezione del Tabernacolo, utilizzando tutti i materiali già preparati nonché l’unzione di Aron e dei suoi figli sarebbe avvenuta nel primo giorno del primo mese dell’anno secondo dall’uscita dall’Egitto. Così avvenne e nel giorno indicato dal Signore furono collocate le basi, tirate su le colonne ed eretto il Tabernacolo.

Mosè collocò le tavole della Testimonianza nell’Arca e posizionò su di essa il coperchio e quindi l’Arca fu introdotta nel Tabernacolo, nel Santo dei Santi oltre la tenda della Testimonianza. Tutto fu collocato: la tavola con i pani di presentazione, il candelabro, l’altare dei profumi e fuori, davanti all’ingresso del Tabernacolo, l’altare degli olocausti e la conca delle abluzioni dove Mosè, Aron e i suoi figli si lavarono le mani e i piedi. Fu recintato il cortile e disposta la tenda d’ingresso:
Quando tutto fu terminato discese la nube divina:

Allora la nube avviluppò la tenda della radunanza e la maestà divina riempì il tabernacolo. Mosè non poté penetrare nella tenda della radunanza, perché la nube posava su di essa e la maestà divina riempiva il Tabernacolo. Quando la nube si ritirava da sopra il Tabernacolo, i figli d’Israele si spostavano da un luogo all’altro. Ma quando la nube non si ritirava, essi non si muovevano fino al momento in cui la nube si dipartisse. Poiché la nube divina era sul Tabernacolo di Giorno, e durante la notte vi era in essa fuoco agli occhi di tutta la casa d’Israele durante tutti i loro viaggi.

Termina qui il libro dell’Esodo, con il perdono quindi del Signore per il Suo popolo, che si era macchiato del più grave peccato contro cui era stato sempre ammonito: l’idolatria, manifestatasi in questo caso con l’adorazione del vitello d’oro. Termina però il libro con una prova superata dal popolo: la costruzione del Santuario che offre al Signore, perché con il Signore ha stretto un patto. E il Signore, constatato che i figli d’Israele hanno edificato il Santuario, rispettando tutte le mitzvòt costituite dalle minuziose prescrizioni che Egli ha impartito, la prima delle quali è il rispetto dello Shabbat, scende tra loro manifestando la Sua maestà per assisterli nel loro viaggio.

L’essere umano quindi, creatura facile alla dimenticanza, riuscirà ad accogliere il Signore dentro di sé ed ottenerne la guida solamente se riuscirà a costruire anch’egli, nella sua individualità, il Santuario da dedicare al Signore. In questo riuscirà eseguendo tutte le mitzvòt prescritte per regolare la sua vita, prima e fondamentale delle quali è l’osservanza dello Shabbat quale giorno di cessazione dalle attività umane e da dedicare allo studio, alla preghiera ed all’amore per il Signore. Questa disciplina di vita potrà apparire impegnativa e gravosa, e lo è sicuramente, ma è l’unico modo per impedire che l’essere umano, sia pure intimamente convinto della fedeltà al Signore, si smarrisca progressivamente perdendo ogni giorno un pezzo di questa fedeltà.

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