lunedì 12 marzo 2012

Vaiakel

(Es.35,1-38,20)

Esaurita la fase di progettazione del Santuario, siamo arrivati ora alla realizzazione dell’opera. Mosè chiamò a raccolta i figli d’Israele e per prima cosa riferì il comandamento del Signore relativo al rispetto del Sabato:

Ecco le cose che il Signore ha comandato di fare. Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo giorno sarà per voi giorno di riposo assoluto, Sabato consacrato al Signore; chiunque faccia qualche lavoro in questo giorno, sarà fatto morire. Non accenderete fuoco in tutte le vostre dimore nel giorno di Sabato.

Il fatto che questo comandamento venga enunciato per primo non è frutto di casualità, ma serve per affermare il principio che il Sabato è stato la finalità della creazione, ricordiamoci che dopo aver creato l’uomo nel sesto giorno il Signore si riposò e benedisse e santificò il settimo giorno. Lo Shabbat è la principessa, la sposa che accogliamo il venerdì sera con il canto del Lechà Dodì:

Andate, andiamo incontro allo Shabbat, che è fonte di benedizione, dall’inizio dei tempi fu consacrato, fine della Creazione, ma presente nel pensiero fin dall’inizio.

La costruzione del Santuario avrebbe dovuto avvenire quindi rispettando come prima cosa la mitzvà dello Shabbat, perché il rispetto dello Shabbat doveva essere mitzvà dominante anche rispetto alla necessità di realizzare il luogo dove il Signore si sarebe manifestato al Gran Sacerdote. E se lo Shabbat viene rispettato allora può realizzarsi il Santuario, se invece lo Shabbat non sarà rispettato non ci sarà costruzione del Santuario per il Popolo d’Israele. Se l’ebreo non rispetta lo Shabbat non ci sarà santificazione per lui.

Mosè riferì quindi che tutti avrebbero dovuto fare un’offerta al Signore in oro, argento, rame, ma anche lana azzurra, porpora, scarlatto, lino e pelo di capra, pelli di montone tinte di rosso, pelli di tachash e legno di acacia e poi olio per l’illuminazione, aromi per l’olio di unzione e incenso, infine pietre d’onice da incastonare nel pettorale e nel dorsale dei paramenti sacri di Aron. Inoltre tutti coloro che avevano capacità tecniche e manuali si avrebbero dovuto presentarsi per contribuire alla realizzazione delle opere del Santuario.

Iniziò Mosè con l’elencare al popolo tutto ciò che era da realizzarsi e quindi il Tabernacolo, l’Arca, la tavola, il candelabro, l’altare dei profumi e quello per gli olocausti, la tenda di ingresso al tabernacolo, e poi ancora la conca, le cortine del cortile con le loro colonne di sostegno e la tenda d’ingresso al cortile. Disse anche dell’olio per l’illuminazione e dell’olio per l’unzione e dei profumi. Infine parlò dei vestiti sacri di cui occorreva provvedere Aron e i suoi figli.

Quando ebbe terminato di parlare, i figli d'Israele accorsero in folla, uomini e donne, recando le offerte di oro, argento e rame e lana azzurra, porpora e scarlatto e lino, pelo di capra e pelli di montone e pelli da tachash. Chi possedeva legname di acacia lo consegnò e tutte le donne che erano abili a lavorare la lana recarono filati di lana, di lino e di pelo di capra. I capi delle tribù recarono le pietre d’onice per il dorsale ed il pettorale.

Disse Mosè al popolo che il Signore aveva designato Betsalel della tribù di Giuda per concepire le opere artistiche in oro, argento e rame, per incastonare le pietre e per intagliare il legno. Betsalel avrebbe anche insegnato ad altri, come aveva fatto con Aholiav della tribù di Dan affinché insieme potessero concepire e portare a termine tutte le opere necessarie, compresi gli arazzi, la tessitura ed il ricamo delle stoffe.

Betsalel con Aholiav e gli altri collaboratori presero le offerte che il popolo aveva portato ed iniziarono a programmarne l’utilizzo, accorgendosi ben presto della loro sovrabbondanza. Di ciò avvisarono Mosè che disse al popolo di cessare dal portare offerte per il Santuario.

Accorse dunque il popolo a portare le sue offerte e qui accorsero tutti, uomini e donne, e questo avvenne dopo la punizione ed il perdono del Signore per l’adorazione del vitello d’oro. Questo fu il riscatto del popolo che portò le sue offerte avendo già ascoltato le parole con le quali Mosè aveva riaffermato il comandamento del rispetto dello Shabbat.

Cominciarono gli artisti e gli artigiani con la costruzione del Tabernacolo e lo portarono a termine con tutte le opere in legno in argento in oro e rame, compresa la tenda interna che separava il Santissimo e la tenda esterna di ingresso al tabernacolo.
Costruì quindi Betsalel l’Arca, corredata dalle stanghe e dal coperchio d’oro sormontato da due cherubini; fece la tavola in legno di acacia, anch’essa ricoperta d’oro e con le sue stanghe per il trasporto; fece il candelabro tutto d’oro e in un sol pezzo; e poi l’altare dei profumi e l’altare dell’olocausto; fece le cortine del cortile e le colonne di sostegno.

Betsalel della tribù di Giuda, intagliatore, ebanista, orefice, ideatore dotato dal Signore del genio necessario a concepire ed eseguire. Oggi a Gerusalemme c’è l’Accademia delle Arti e del Design che porta il suo nome, erede degli artisti ed artigiani che fecero il Santuario e ne curarono la manutenzione.

I Saggi si ispirarono a questa parashà, che comanda l’astensione dai lavori di realizzazione del Santuario nel giorno dello Shabbat, per definire le trentanove categorie di lavori dalle quali occorre astenersi il Sabato.

Nessun commento:

Posta un commento