martedì 16 aprile 2013

Kedoshim

(Le.19,1-20,27)

Nella Parashà Kedoshim (Santi), che comprende i capitoli 19 e 20 di Vaikrà (Levitico), il Signore detta a Mosè precetti rituali, morali e di carattere sociale, la cui osservanza consente all’essere umano di conseguire la Kedushà, la Santità cioè intesa come distinzione, differenziazione dai comportamenti che sono propri degli altri popoli.

Il capitolo 19 inizia con il comando di temere il padre e la madre e, subito dopo, di osservare il Sabato. Seguono norme per il consumo dei sacrifici, per la mietitura, per la correttezza dei rapporti con il prossimo, per il godimento dei frutti della terra. Questi ultimi precetti mantengono, dopo migliaia di anni dalla loro formulazione, una chiara comprensibilità, anche nell’attualità, ed una naturale condivisione per la loro sperimentata giustezza.

Il successivo capitolo 20 enumera atti contro la morale, a partire dalla pratica in uso presso altri popoli vicini di sacrificare a Mòlech i figli, proseguendo poi con atti di magia e poi ancora con la maledizione a danno dei propri genitori. Segue poi l’enumerazione dei divieti di adulterio e di atti di natura sessuale con consanguinei, parenti, con animali o di natura omosessuale. Il capitolo per ognuno di questi delitti specifica la pena da comminare, che in quasi tutti i casi è la morte per lapidazione.

Questo capitolo 20, a causa della severità delle pene che in esso sono previste, scuote la sensibilità di noi uomini appartenenti ad una società nella quale la pena di morte è da tempo aborrita. E’ del resto consolidato il fatto che anche per i reati sessuali enumerati dal capitolo 20 non è più applicata nel mondo civile occidentale la pena di morte, mentre rimane per noi accettabile la massima severità, come il carcere a vita o al limite la sterilizzazione, solamente per i reati sessuali a danno di minori ovvero quando sia accertata la possibilità di reiterazione del reato.

Ma allora, potremmo chiederci, siamo in presenza di precetti, che sono scritti nella Torà, ma che vengono, al giorno d’oggi, disattesi, non fosse altro che per la parte relativa alla pena? A mio parere le cose non stanno affatto così.

La prima considerazione da fare, infatti, è che le pene indicate al capitolo 20 costituivano la misura massima della pena che poteva essere comminata per quel tipo di delitto, ma che l’applicazione della pena avveniva, in ogni caso, attraverso un processo d’indagine ed un giudizio, che avrebbe potuto tener conto di ogni circostanza attenuante, e quindi condure alla definizione di una pena minore.

Altra considerazione da compiere è che l’enumerazione del capitolo 20 riguarda atti contro la morale, definiti di fornicazione, messi alla stessa stregua di quelli compiuti con animali e quindi si tratta di peccati di esclusiva natura sessuale, dai quali devono invece escludersi quegli atti che, sia pure concretizzatisi sessualmente, sono stati dettati da sentimenti non contingenti verso la persona ed esorbitanti il solo carattere sessuale. A maggior ragione sarà operata questa esclusione qualora da questi atti non sia derivato nessun danno a terze persone.

Questo è il caso dei rapporti omosessuali nei cui confronti le componenti laiche e progressive dell’Ebraismo hanno una posizione sostanzialmente diversa da quella dell’ebraismo ortodosso. Mentre infatti l’ebraismo ortodosso ha assunto storicamente una posizione di condanna dell’omosessualità, in quanto si attiene in materia alla lettera di quanto espresso in Le.20,13: “E qualora un uomo si unisca con un maschio come con una donna, tutti e due avranno commesso una cosa abominevole, verranno fatti morire; sono causa dello spargimento del proprio sangue.” L’ebraismo progressivo invece tiene conto dell’evoluzione del pensiero scientifico moderno, secondo cui l’omosessualità deve considerarsi consistente nella titolarità di una sessualità propria di natura peculiare diversa sia da quella maschile, sia da quella femminile. E’ evidente che sulla base di tale assunto ad un soggetto omosessuale non può ritenersi applicabile quanto espresso nel richiamato precetto del Levitico, perché tale precetto si riferisce a persone di sesso diverso. Naturalmente analogo ragionamento deve farsi per le donne lesbiche, che devono considerarsi anch’esse titolari di una sessualità propria, diversa dalla maschile e femminile. Sussistono infine i casi delle persone bisessuali per loro naturale inclinazione, le quali analogamente possono trovare anch’esse accoglienza da parte dell’ebraismo progressivo.

Per l’argomento è comunque tuttora in corso un acceso dibattito, anche a livello internazionale, riguardante la possibilità di riconoscere, sulla base di considerazioni religiose, etiche e scientifiche, agli omosessuali ed alle lesbiche la completa parità dei diritti rispetto a quelli riconosciuti alle persone eterosessuali. L’argomento riveste aspetti di rilevante delicatezza in particolare in materia di diritto di famiglia, diritto ereditario e diritto di adozione.



Haftarà di Kedoshim
Secondo i riti italiano e spagnolo
(Ezechiele 20,1-20,20)

Il profeta rimprovera Israele per le sue disubbidienze e abominazioni, la cui riprovazione è espressa nella parashà.

Ma essi mi disubbidirono, non vollero darmi retta, non gettarono via le abbominazioni che stavano davanti ai loro occhi non abbandonarono gli idoli dell’Egitto.

E più avanti:

… ebbi pietà di loro sì da non distruggerli e non feci sterminio di loro nel deserto, ma nel deserto stesso dissi ai loro figli: ‘Non seguite l’esempio dei vostri padri, non continuate a seguire i loro costumi, non rendetevi impuri con i loro idoli. Io sono il Signore vostro D-o, seguite i Miei statuti, tenete presenti le Mie leggi ed eseguitele, santificate i Miei sabati, e siano essi segni del patto tra Me e voi, affinché teniate presente che Io sono il Signore vostro D-o.


Secondo il rito tedesco
(Amos 9,7-9,15)
L’attività profetica di Amos si svolse intorno alla metà del sec. VIII a.E.V. nel regno di Giuda in tempi di relativa tranquillità politica e di prosperità economica, ma di notevole rilassatezza dei costumi.

Il libro di Amos può ritenersi articolato in cinque parti:

1)Profezie di castigo contro vari popoli (Capitoli 1 e 2);
2)Israele ha maggiori responsabilità e D-o lo affliggerà finché non muterà condotta (Capitoli 3 e 4);
3)Terza serie di oracoli (Capitoli 5 e 6)
4)Visioni annuncianti la distruzione ormai prossima (Capitoli da 7,1 a 9,6)
5)Israele purificato godrà di un futuro felice (Capitoli da 9,7 a 15).

Pronuncia Amos la condanna per i peccati dei figli d’Israele:

Invece Io do ordine che la casa d’Israele vada errando fra tutte le genti: là sarà agitata come in un setaccio, e nessun chicco grande cadrà a terra. Morranno di spada tutti i peccatori del Mio popolo che dicono: ‘A noi non si avvicinerà, non ci verrà dinanzi la sventura.

Ma profetizza infine la futura venuta di giorni felici:

Giorni verranno, detto del Signore, in cui l’aratore sarà vicino al mietitore, il pigiatore di uva a chi sparge il seme, i monti goccioleranno di succhi di frutta, e tutte le alture si scioglieranno. E rimetterò Israele Mio popolo nella sua condizione primitiva: costruiranno città, vi abiteranno, pianteranno vigne e berranno il loro vino, faranno dei frutteti e ne godranno il prodotto. Io li collocherò stabilmente nel loro paese e non saranno più divelti dal loro paese che Io ho dato loro, dice il Signore tuo D-o.



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