L'idolatria: un peccato antico, ma ancora attuale.
“Reè”, vedi, guarda: Io pongo oggi davanti a te la benedizione e la maledizione. L’esortazione del Signore è a compiere un’azione elementare, semplice, un’azione che non implica impegno di tempo e d’intelletto. “Vedi” è come “Ascolta”, azioni semplici ma che implicano la circoncisione, l’apertura del cuore, per uscire fuori dal proprio egoismo e percepire ciò che il Signore ha posto intorno a noi e per noi. “Berakhah” e “Kelalah”, vengono prospettate da Mosè al popolo come conseguenze alternative dei propri comportamenti: benedizione se verranno ascoltati i precetti del Signore, maledizione se non lo saranno. Quando il popolo avrà attraversato il Giordano e sarà entrato nella terra promessa, giungerà in prossimità di due monti, “Gherizim” ed “Eval”, posti l’uno di fronte all’altro, il primo fertile e rigoglioso, il secondo sterile e brullo. Sul monte “Gherizim” verranno date le benedizioni, sull’”Eval” le maledizioni.
Anche in questa occasione Mosè, quando si riferisce alle maledizioni per non avere ascoltato i precetti del Signore, fa esplicito riferimento all’idolatria:
“… per andare dietro agli altri dèi che non avete mai conosciuto.”
L’idolatria è costantemente oggetto di anatema, di una maledizione cioè che implica “haherem” la distruzione, perché questa, l’idolatria, sarà sempre la colpa più insidiosa nella quale il popolo possa cadere, la colpa alla quale consegue la perdita della fiducia del Signore e che smarrisce l’identità del popolo eletto e lo distrugge in quanto disperso tra tutte le nazioni.
“Voi distruggerete tutti quei luoghi dei quali verrete in possesso e che i pagani destinano al culto dei loro dèi…”
“Abbatterete i loro altari, spezzerete le loro stele, e le loro asheroth darete alle fiamme, le immagini dei loro dèi farete a pezzi e farete sparire il loro nome da quel luogo.”
Il popolo d’Israele, prosegue Mosè, cercherà il luogo che il Signore avrà scelto per edificare il Suo Santuario e solamente in quel luogo potrà portare le offerte per i propri sacrifici, le decime, i tributi, i voti, i doni ed i primogeniti dei suoi armenti.
“Gioirete dunque davanti al Signore vostro Dio voi, i vostri figli, le vostre figlie, i vostri schiavi e le vostre schiave nonché il Levita che è nelle vostre città, poiché egli non ha parte né possesso alcuno con voi. Guardati bene dunque dall’offrire i tuoi olocausti in qualsiasi luogo ti piaccia, perché solo nel luogo che sceglierà il Signore in una delle tue tribù, là dovrai portare i tuoi olocausti e là dovrai fare tutto ciò che io ti comando.”
Mangiare è un atto che assume per l’ebreo valore sacrale, e più avanti di ciò se ne avrà conferma nell’enunciazione delle regole della “kasherut”, ma già qui il richiamo nel dire che questo si fa davanti al Signore e in allegria conviviale, con la propria famiglia e con il Levita addetto al servizio del Santuario, per analogia ci fa rammentare che anche noi oggi recitiamo la benedizione del pane con due “challot”, anche se siamo da soli, perché alla nostra tavola c’è il Signore che siede con noi, e per questo, anche qualora fossimo soli, la nostra tavola sarà sempre imbandita per due.
L’unicità del luogo prescelto dal Signore per l’offerta degli olocausti, che è quello sul quale sarà poi edificato il primo Tempio di Gerusalemme, ha fatto sì che gli avvenimenti succedutisi a partire dalla distruzione del secondo Tempio ad opera di Tito nel 70 dell’e.v. ed il successivo permanere della perdita della sovranità su questo luogo e per tutti i secoli seguenti, fino ad arrivare all’attuale intricata situazione della spianata del Tempio, hanno reso non più disponibile il luogo per l’effettuazione dei sacrifici, che sono stati quindi sostituiti dall’offerta delle nostre preghiere.
Chiarisce Mosè al popolo che per quanto riguarda il mangiare carne sarà consentito di farlo liberamente, macellando animali del proprio bestiame grosso e minuto e macellando anche daini e cervi, pur essendo questi ultimi animali selvatici e quindi non adatti ai sacrifici. In ogni caso non si dovrà mangiare il sangue in quanto veicolo della vita e quindi proprietà del Signore. Per quanto riguarda però gli animali consacrati e quelli votati al Signore, questi dovranno essere portati nel luogo scelto dal Signore e gli olocausti di carne e sangue si faranno sull’altare e la carne potrà essere mangiata.
Ammonisce Mosè il popolo a non essere preda di curiosità riguardo ai culti prestati dalle popolazioni sconfitte o, peggio ancora, di tentazioni di replicarli, significando l’abominio di detti culti, che, tra l’altro, giungevano a prevedere il sacrificio alla divinità dei propri figli, che venivano divorati dalle fiamme.
“Non devi far questo al Signore tuo Dio perché essi hanno fatto per i loro dèi ogni sorta di azioni abominevoli che il Signore odia; infatti hanno arso nel fuoco per i loro dèi perfino i loro figli e le loro figlie.”
Comanda ancora Mosè al popolo che, qualora dovessero sorgere in mezzo a loro profeti o sognatori, i quali, pur capaci di mostrare segnali o prodigi, esprimessero il proponimento di seguire altri dèi, tali profeti e sognatori debbano essere messi a morte. E se poi l’invito all’idolatria dovesse provenire da qualcuno della propria famiglia o dal proprio migliore amico, anche questi dovranno essere messi a morte per lapidazione. E ancora prosegue Mosè dicendo che, qualora si venisse a sapere che in una certa città si manifestano episodi di idolatria, dovranno farsi le opportune indagini ed in caso che da ciò ne venga conferma saranno sterminati tutti gli abitanti, compreso tutto il bestiame e la città verrà data alle fiamme e non sarà mai più ricostruita.
La durezza di tutte queste prescrizioni va intesa sempre come mirata specificatamente a distruggere l’idolatria, che si conferma così come la colpa più grave nella quale il popolo possa cadere. L’idolatria è il peccato fondamentale al quale sono riconducibili tutti gli altri elencati nelle tavole della legge. L’idolatria si sostanzierà ogni volta che verrà rimossa dal piedistallo, che abbiamo in noi, la fiducia nel Signore e l’obbedienza ai suoi precetti, e che al suo posto innalzeremo l’oggetto delle nostre passioni, dalle quali potrà scaturire il furto, l’omicidio, l’adulterio, la concupiscenza, la falsa testimonianza, tutto ciò insomma che si sarà ossessivamente impadronito del nostro cuore e dei nostri occhi, sostituendosi alla parola del Signore. L’idolatria si annida tuttora insidiosa nel nostro vivere quotidiano e sarà dunque idolatria la “lashon hara”, la maldicenza e la calunnia, colpe talmente gravi da essere equiparate dai rabbini all’omicidio, in quanto l’azione di distruggere la reputazione di una persona è ritenuta comparabile all’averla uccisa fisicamente. Idolatria sarà abbandonarsi al totale dominio del nostro egoismo al punto tale da non riuscire più a dare ascolto alle parole dell’altro.
Il capitolo 14 detta poi le norme per la “kasherut”, che in sintesi stabiliscono che sia consentito mangiare:
- tutti i quadrupedi che abbiano lo zoccolo spaccato in due e che siano ruminanti;
- tutti i pesci che siano provvisti di pinne e squame;
- tutti gli uccelli ad eccezione dei rapaci in genere ed altri che non sono solitamente ritenuti commestibili (è da segnalare come non consentito lo struzzo, del quale in questi ultimi anni sono stati realizzati allevamenti nel nostro paese).
Vige inoltre l’obbligo della decima di ogni prodotto dei campi che ogni anno dovrà portarsi nel luogo scelto dal Signore:
“… e dovrai mangiare dinanzi al Signore tuo Dio nel luogo che Egli scelse per far ricordare il Suo nome la decima parte del tuo grano, del tuo mosto e del tuo olio e i primogeniti del tuo bestiame grosso e minuto, onde tu impari a temere per tutta la tua vita il Signore tuo Dio.”
Se, a causa della distanza, non fosse possibile portare le decime, queste potranno essere convertite in denaro ed arrivati al luogo prescelto dal Signore si potrà acquistare sul posto bestiame grosso e minuto, vino, liquori e quant’altro si desidera per poter offrire i sacrifici e mangiare davanti al Signore. Questa prescrizione, incidentalmente, ci aiuta a comprendere quel passo del “Vangeli” cristiani in cui si dice che “Gesù” scacciò dal tempio i cambiavalute ed i venditori di colombe, e questo avvenne a Pesah. Occorre infatti considerare che durante le feste di pellegrinaggio (Sukkot, Pesah e Shavuot) la presenza di cambiavalute, di venditori di animali e di prodotti idonei per i sacrifici nelle immediate vicinanze del santuario era del tutto normale e ciò per dar modo a chiunque, specie a chi proveniva da lontano, di potersi procurare sul posto i prodotti necessari per le offerte del sacrificio. Insomma durante le feste di pellegrinaggio l’aspetto delle adiacenze del Tempio era quello di un grande mercato, peraltro lecito perché funzionale al culto e perché previsto dalla Torà.
Ogni tre anni la decima avrebbe dovuto lasciarsi nella propria città e sarebbe stata destinata al Levita, al forestiero, all’orfano, alla vedova.
Ogni sette anni sarebbe avvenuta la remissione dei propri crediti nei confronti dei debitori appartenenti al proprio popolo, mentre sarebbero rimasti esigibili solo quelli nei confronti dello straniero. Sempre ogni sette anni sarebbe avvenuta la liberazione dello schiavo ebreo, a meno che egli non esprimesse il desiderio di rimanere con il suo padrone.
Per quanto riguarda i poveri le parole di Mosè furono:
“Quando in mezzo a te si trovi un povero, uno dei tuoi fratelli in una delle città del tuo paese che il Signore ti concede, non dovrai indurire il tuo cuore né chiudere la tua mano al tuo fratello povero.”
“Tu devi dargli ciò che ha bisogno e non deve dolersi il tuo cuore quando glielo darai perché proprio per questo atto ti benedirà il Signore tuo Dio in tutte le tue azioni ed in tutto ciò che tu intraprenderai. Poiché il povero non mancherà mai nel paese, io ti ho comandato: apri la tua mano al tuo fratello povero ed al misero nel tuo paese.”
Questo precetto di soccorrere il povero fa il paio con quello della parashà “Ekev” della scorsa settimana, nella quale si prescriveva di soccorrere lo straniero. Sono precetti di attualità ancora al giorno d’oggi che ci inducono a distinguere il povero transitorio, occasionale, caduto in povertà per disgrazia e che vuole rialzarsi da questa condizione, dal povero stabile, che si è adattato a vivere in modo parassitario ai margini della società. Nel primo caso l’aiuto economico che possiamo offrire sarà efficace, nel secondo occorre un recupero sociale che non è limitato ad una questione economica, ma che si estende allo studio delle cause del disadattamento ed all’attuazione di complessi interventi correttivi.
Il capitolo 16 che conclude la parashà enumera le prescrizioni per le feste di pellegrinaggio. Per “Pesah” si offrirà il sacrificio pasquale di ovini e bovini nel luogo scelto dal Signore per il Santuario, sarà vietato per sette giorni di mangiare e detenere qualsiasi cosa lievitata, sarà vietato che la carne immolata il pomeriggio del giorno precedente la festa rimanga durante la notte e fino al mattino. Per sei giorni si mangerà pane azzimo e nel settimo giorno vi sarà una riunione in onore del Signore e non si lavorerà.
Per “Shavuot”, festa della mietitura, sarà recata l’offerta al Signore e si festeggerà con la propria famiglia, con gli schiavi, con il Levita, con il forestiero, l’orfano e la vedova.
Con modalità del tutto analoghe, ma per sette giorni, verrà celebrata “Sukkot” recando le offerte al Signore e festeggiando collettivamente.
Shavuà tov.
Danièl Siclari
Haftarà di Reè
(Is.54,11-55,5)
Trascrivo di seguito alcuni passi di questa haftarà di Isaia, che ne rendono percepibile la tensione emotiva.
“Sono Io che ho creato il fabbro che soffia sul fuoco di carbone e ne trae uno strumento per il suo lavoro; sono Io che ho creato il distruttore per devastare. Ogni strumento che sia fatto contro di te non riuscirà, ogni lingua che si alzi contro di te in giudizio tu la dimostrerai colpevole.”
“O voi tutti che siete assetati, venite all’acqua, anche chi non ha denaro: venite e rifornitevi e mangiate; venite e rifornitevi senza denaro di vino e di latte. Perché pagare denaro e non avere cibo? Perché dare il profitto delle vostre fatiche e non saziarvi?”
“Porgetemi orecchio, venite a Me, ascoltate e vivrete, Io stabilirò con voi un patto eterno, vi darò i favori duraturi promessi a David.”
“Gente che non conoscevi tu chiamerai, popoli che non ti conoscevano a te correranno, in grazia del Signore Tuo D-o e del Santo d’Israele che a te dà gloria.”
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