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Le celebrazioni di Pesach durano sette giorni perché il primo giorno celebra la liberazione del popolo d’Israele mentre nel settimo giorno è celebrata la sua salvezza.
Il settimo giorno di Pesach è il giorno in cui avvenne l’apertura del Mar Rosso. Il popolo d’Israele era stato già liberato dall’oppressione egiziana e si dirigeva guidato da Mosè verso il Monte Sinai per ricevere la Torà. Ma, anche se colpito dalle dieci piaghe che avevano determinato la liberazione degli ebrei, l’Egitto rimaneva una minaccia e il Faraone non aveva ancora accettato la supremazia del Signore.
Con l’Apertura del Mar Rosso il popolo ebraico si salva mentre l’esercito egiziano lanciato all’inseguimento degli ebrei annega ed il Faraone stesso, con l’acqua alla gola, riconosce la potenza del Signore proclamando "Chi è come te oh Signore tra le divinità!?... ".
La grandiosità dell’apertura del mare, persino rispetto all’uscita dall’Egitto è evidenziata dal fatto che la Torà stessa ne stabilisce il rapporto rispetto alle piaghe: cinque a uno.
La Torà narra infatti che i maghi del Faraone dissero delle piaghe: "Questo è il Dito di D.". Circa l’apertura del mare invece è scritto che "Israele vide la Grande Mano con cui operò il Signore…."
Da qui i Maestri derivarono che la punizione inferta agli egiziani sul mare era nello stesso rapporto di un dito rispetto ad una mano e cioè cinque volte quella inferta in Egitto.
Poiché però è espresso dalla Torà che il Signore non colpirà Israele con tutti i mali che ha inferto all’Egitto, i Maestri cercarono di elevare il più possibile il valore del numero delle piaghe con cui l’Egitto era stato colpito in maniera da diminuire quelle che potenzialmente avrebbero potuto colpire Israele.
A questo scopo i saggi individuarono un ulteriore fattore moltiplicatore delle piaghe, che, ad esempio, per Rabbi Eliezer era quattro mentre secondo Rabbi Akiva tale fattore doveva essere assunto pari a cinque.
In ogni caso tutti erano d’accordo sul fatto che il colpo inflitto sul mare era stato tremendamente maggiore di quello inferto in terra d’Egitto.
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