(Le.12,1-13,59; Le.14,1-15,33)
Queste due parashot trattano degli stati di impurità, delle procedure per riacquisire la purità perduta ed infine dei sacrifici da presentare al Signore per celebrare questa riacquisizione.
Le impurità possono riguardare la persona o la casa, o gli abiti, oppure ancora gli oggetti.
Le impurità riguardanti la persona, che qui sono trattate, consistono sia nelle alterazioni della pelle per malattie ritenute contagiose, sia nella emissione fisiologica di liquidi, come il sangue mestruale o il seme maschile.
I motivi per i quali le suddette circostanze implicano lo stato di impurità appaiono bene espressi nei seguenti passi tratti dal libro “Cammina davanti a me” di Rav Haim F. Cipriani:
“La purezza è intesa come uno stato in cui la focalizzazione sulla sacralità dell’esistenza è indisturbata, l’impurità invece è come un profondo disorientamento, che può essere causato da molti elementi.”
E più avanti:
“Il rito costituisce una sorta di accompagnamento in questa continua necessità di riavvicinamento e di ricomposizione di un’armonia interiore perduta. Chiaramente questo criterio non dovrebbe essere applicato solo a manifestazioni fisiche, ma anche ai segni di un disagio interiore.”
E ancora, per quanto riguarda i flussi e le emissioni fisiologiche:
“Nella ricerca dell’ordine, interiore ed esteriore, che distingue l’esigenza di purezza del Levitico, quando una sostanza che di norma è contenuta all’interno del corpo viene espulsa, come nel caso del sangue o del seme, vi è un disagio che richiede un momento di riflessione e un atto di reintegrazione nella normalità, di solito un bagno rituale, il mikvè.”
Interessante è anche quanto Rav Cipriani esprime a proposito della possibilità per la donna di accostarsi al culto anche in periodo mestruale:
“Va anche ricordato però che, contrariamente a quanto fatto credere da fonti ebraiche poco informate o con intenzioni discutibili, essere in questo tipo di condizione fisica particolare, cioè di perdite di sangue, mestruale o altro, in nessun caso è di ostacolo al contatto fisico né con le persone, né con oggetti rituali come, per esempio, il Sefer Torà o i Tefillìn.”
E più avanti chiarisce:
“Così sottolinea il Rambam: ’Le parole della Torà non possono essere rese impure, ma mantengono perennemente il loro stato di purezza’. E così scrive Yossef Karo nello Schulchan Aruch: ‘Tutti gli impuri, anche le donne mestruate, possono tenere in mano un rotolo della Torà e leggerlo’.”
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